Nella
prima metà dell’Ottocento, l’architetto neoclassico Giuseppe Valadier provvide
alla sistemazione di piazza del Popolo, che fino ad allora era un modesto spazio
di forma trapezoidale che si allargava in direzione del cosiddetto tridente,
costituito dalle vie del Corso, di Ripetta e del Babuino. La piazza assunse una
pianta ellittica. Nei due emicicli dei lati orientale e occidentale furono
disposte due fontane, ognuna costituita da una lunga vasca semicircolare in
travertino sovrastata da una conchiglia in pietra tiburtina. Le sculture vennero
realizzate da Giovanni Ceccarini. Nella fontana verso il Pincio è raffigurata la
dea Roma con a fianco le allegorie del Tevere e dell’Aniene. In quella del lato
opposto è Nettuno tra due tritoni.
La
cinquecentesca fontana di Giacomo della Porta, detta del Trullo, fu rimossa e
subì varie peripezie per andare poi a finire in piazza Nicosia. Al suo posto fu
studiata una fredda architettura con quattro leoni in marmo che buttano acqua in
quattro vasche sistemate in corrispondenza con gli spigoli dell’obelisco.
L’intervento del Valadier riguardò anche la sistemazione delle pendici del
Pincio, raccordate alla piazza con rampe alberate e carrozzabili, ultimate nel
1834.
Il nuovo
aspetto della piazza non piacque però al poeta di Roma, Giuseppe Gioachino
Belli, come dimostra una mordace lettera inviata il 4 giugno 1824 a Giacomo
Moraglia, un architetto milanese suo amico. "Nella nuova Piazza del Popolo –
scriveva - si è innalzata una statuaccia di Ceccarini rappresentante un Nettuno
somigliante piuttosto ad un moderatore del vespertino passeggio de’ cocchi della
nostra sbadigliante nobiltà. Incontro ve ne andrà un’altra peggiore
rappresentante Roma. Di ragione. Se un Dio è stato sì da lui maltrattato, cosa
doveva aspettarsi chi non fu giammai Dea, e più non è Donna? Queste due statue
sorgono sulle due grandi fontane a conchiglia situate alle due estremità della
corda maggiore della ellissi, figura della rinnovata piazza, come ti è noto".
Il poeta
non risparmiava le critiche alle architetture che completarono la piazza. "Fuori
della ellissi ai quattro angoli dell’area Flaminia (così in certe birbe
inscrizioni chiamata) naneggiano quattro giganti di fabbriche, o giganteggiano
quattro nane meschinità di modernissima architettura Valadieriana, piene di
archetti, buchetti, occhi etti, camicette, gattarole, e colombatoi. Se fossero
almeno colombarii, nutriremmo speranza di seppellirci in eterna requie
l’architetto e tutti i di lui fautori. Ma no: sono quattro fabbriche destinate
ad albergo di frati, ad albergo di viaggiatori, ad albergo di cavalli da posta,
e ad albergo di finanzieri, bestie peggiori di tutte le altre. Vedi poi
bizzarria! Nella quarta di esse sta praticata una separazione riserbata ad
esposizione di quadri, statue ed altri nuovi oggetti di belle arti. Potevano
esporli a Ponte Milvio, o sul Monte Mario. Ne avrebbero meglio goduto le ombre
di Massenzio e di Cinna".
Certamente al Belli non piaceva l’architettura neoclassica, in cui vedeva la
programmatica esaltazione dell’antico criticata anche nei sonetti e che trovava
troppo fredda, lontana dal carattere rinascimentale e barocco di Roma. Del
resto, l’unico architetto nominato nei sonetti è il più innovatore degli artisti
barocchi, quel Francesco Borromini tanto denigrato dalla critica neoclassica che
dettava legge al tempo del Belli.
C’è poi
da dire che il poeta doveva nutrire una viscerale antipatia per Giuseppe
Valadier, che non nominò mai nei suoi sonetti, neppure in nota, pur criticandone
aspramente le opere, come nel caso della ricostruzione del teatro di Tordinna.
"Che vò annà! Tordinona è una porcara / che me pare er teatro de le palle...".
"In questo teatro – spiegava in una nota – rinnovato con gran dispendio dai
duchi Torlonia, sono state poste delle palle indorate sui parapetti tra l’uno e
l’altro di tutti i palchetti. Avvertasi qui che il vocabolo ‘palle’ è il
sinonimo di ‘genitalia’, diciamolo in latino per verecondia". Le origini di tale
antipatia potrebbero essere ricercate nello strapotere raggiunto dall’architetto
nella città eterna e negli enormi guadagni accumulati grazie alla sua intensa
attività.
Dell’argomento si parlerà a Nuova Spazio Radio (88.100 MHz), a "Questa è Roma",
il programma ideato e condotto da Maria Pia Partisani, in studio con Livia
Ventimiglia.